Sembra un sabato mattina come tanti, in centro a Reggio Emilia, ma ci poteva essere una ragione in più per essere in piazza, e salire le scale fino alla Sala del Tricolore. Ci sono tante divise, molti sorrisi, ma poca gente. La città di Reggio sta conferendo ad Antonella De Miro la Cittadinanza Onoraria. E probabilmente se ne è parlato troppo poco, per consentire l’abbraccio della comunità che questa donna delle istituzioni merita.
Antonella De Miro, forse lo sapete già, è stata Prefetto di Reggio Emilia dal 2009 al 2014. Veniva dalla Sicilia, e sapeva qualcosa che i reggiani non sanno, ovvero come funziona la mafia: di solito, benissimo… In pochi mesi vede quello che sempre i reggiani (tutti, sopra e sotto la linea del potere) fanno finta di non vedere: ovvero quanto la nostra economia e la nostra società sono avviluppati nell’abbraccio con la ‘ndragheta. Dopo meno di due anni, la sua relazione al Ministero degli interni consta in 100 pagine di osservazione sistemica del fenomeno. Tutto scritto, documentato e spiegato. Il Prefetto De Miro è lo Stato nella sua più alta interpretazione. Prende decisioni e le fa prendere alle altre istituzioni, mette insieme i pezzi in un quadro coerente e impietoso. Crea le condizioni per tutto il resto, fino al primo grado del Processo Aemilia. Forse ve lo ricordate… è finito 2 mesi fa.
Di quel Maxi Processo Antonella De Miro è stata un teste fondamentale. Una protagonista sia nel ruolo istituzionale sia come cittadina che ha portato fino in fondo le sue scelte di intransigenza morale e di servizio. Solo ora, a sentenza pronunciata, il Sindaco di Reggio Emilia ha potuto chiamarla nella sala del Tricolore per conferirle la cittadinanza che il Consiglio Comunale aveva deliberato già nel 2015. Una lunga attesa necessaria al pieno rispetto della Legge e alla delicatezza delle indagini.
Ma non è di questo che stiamo scrivendo. Quanto piuttosto di quella Sala di sabato mattina, così solenne, anzi “sacra” per usare le stesse parole del Prefetto De Miro, e probabilmente troppo vuota, già immemore. Sempre lei ha ricordato la grande emozione di essere nominata a Reggio Emilia, 10 anni fa: onorata di servire la città e la terra della bandiera italiana, del riscatto sociale, della lotta antifascista, dei modelli sociali innovativi. La terra dell’operosità solidale. Ascoltando, e guardandosi intorno (guardandosi dentro)… si impallidiva.
Sabato (ieri mattina) c’erano pochi cittadini, molti colleghi della Prefettura, tanti amici e volontari che della legalità hanno sempre fatto una vigilanza quotidiana, e un servizio civile. E giù, nell’emiciclo “sacro” solo 15 sindaci o loro delegati presenti in sala. Fa circa un terzo delle fasce tricolori reggiane. Troppo poche e troppo rade. Il che ha tramutato i presenti in giganti della normalità. Eppure quelle fasce tricolori sono pezzi dello Stato, proprio come il Prefetto De Miro, necessari alla tenuta della legalità. Basta poco a volte per esprimere rispetto, partecipazione, serietà. Basta esserci, e tirarsi giù il capello davanti all’esempio di un servitore della Repubblica.
E invece mancavano in tanti… Mancava, per dirne uno, Brescello: il primo comune emiliano sciolto per infiltrazione mafiosa, e recentemente ricostituito con una nuova (e pare occupatissima) amministrazione eletta. Ne mancavano altri, e se ve lo state chiedendo mancava anche Campegine.
Valeva la pena essere presenti. Un’ora ben spesa, da semplici cittadini, perche “la Cittadinanza E’ importante”, ha detto Antonella De Miro con l’accento sulla E’, mentre diventava nostra conterranea onoraria.Valeva la pena vedere, e sentire le parole e le emozioni autentiche di un pezzo dello Stato. Incarnato nelle scelte individuali di straordinaria forza e normalità.
Potevamo essere molti di più, ma almeno gli Erranti c’erano. Qualcuno ha detto, alla fine: “quando sei cresciuto con le favole del Bene che esiste davvero, e poi sei qua… ti senti pieno di senso e di coraggio.”
Potrebbe essere d’aiuto, potrebbe essere d’esempio, ricordarci di Antonella De Miro anche quando sarà lontana. Oggi lei è Prefetto di Palermo, non esattamente una città facile, ma dove tornerà da reggiana. Noi invece dovremo restare qui ad occuparci delle nostre mancanze, e delle nostre fasce deboli. A partire da quelle tricolori.
Che bello! Allora non sono solo a pensare che meritavamo di più nel giorno di Antonella De Miro… Meritavamo di più da noi stessi.
Mi iscrivo, se posso, al club dei campeginesi erranti…
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