Ci sono cose che non vanno lasciate scorrere via come l’acqua. Mai.
Ci sono gesti che non possono passare. Uno di questi è il moto di intolleranza verso chi è in un qualche modo lontano da noi. Lontano per lingua, lontano per provenienza, lontano per cultura, lontano per religione.
Gli istinti corrono veloci. Così accade per le esilaranti insinuazioni, tipo un “bidoncino da 5/10 litri” per raccogliere acqua potabile che debba “forse” essere usata per lavarsi (dopotutto, su una tavola non ci starebbe mai). Che un cavo che si aggancia all’esterno di una “palazzina abitata prevalentemente da indiani” sia quanto meno sospetto.
Il dileggio, la supponenza razzista si nutre delle parole scritte (si, scritte), come di quelle sottintese. Altrettanto assordanti. Un non-detto celato dal sarcasmo, nobilitato nell’invocare le Regole, camuffato da innocente richiesta di informazioni. Noi dell’Errante siamo abituati a dare un nome alle cose. Un nome preciso.
Diffidenza, ignoranza, pregiudizio, insofferenza, discriminazione. In un preciso crescendo, vecchio quanto il mondo, quanto tutti noi. Sei davvero di Campegine, se sei così? Rischi di esserlo, finchè taci. E l’Errante non tace.
Una ennesima ondata di “innocuo” razzismo, visto che ci si fa una risata mentre si passa e scrive, destinata ad espandersi pericolosamente. Vogliamo fermarla, o almeno provarci, raccontandovi di un altro tipo di diffusione. Sapete come i contagi si propagano? Ormai, probabilmente si. Almeno quelli epidemiologici. La storia non cambia per quelli narrativi. Attraverso la parola, scritta o raccontata, il contagio passa da individuo a individuo. Di bocca in bocca. Chi ricorda il telefono senza fili, sa che ad ogni passaggio da un orecchio a l’altro, un bisbiglio dopo l’altro la frase finale è sempre qualcosa di diverso da quella di partenza. Sempre. E più lungo è il messaggio, più vulnerabile è la sua trasmissione.
Succede lo stesso nelle narrazioni da Social Network. Dove uno vale due, e sempre di più. Dove il potere di trasmissione è enormemente amplificato e il messaggio diventa un prisma di sfaccettature e di significati. Dove l’RT della maldicenza e del preconcetto è esponenziale. Quindi no, non nascondetevi dietro facili ironie, dietro allusioni e rapide conclusioni nella piena consapevolezza che i reali destinatari non potranno mai leggere quello che scrivete. Le parole sono importanti e definiscono le persone. Mittenti e destinatarie. Un confronto occhi negli occhi nel mondo “reale”, non consente a nessuno di abbassare lo sguardo sulla tastiera, di svicolare sulle notifiche. Nel mondo reale si fanno immediatamente i conti con le conseguenze delle proprie affermazioni. Dovrebbe essere sempre così. Persino nell’era del pensiero (scritto) in libertà, che NON è libertà di pensiero. In questa che non è democrazia diretta, per alzata di mano o di pollice. Semmai, è “democrazia” per alzata di spalle.
Le parole sono importanti perchè ci definiscono, nel bene e nel male. Noi continueremo a dare loro valore. Ma prima ancora continueremo a dare valore alle persone. Quelle vere.
Disinfettatevi le mani e sciacquatevi la bocca prima di scrivere. E procuratevi un canestro grande. Cinque, dieci litri… pare vi serviranno tutti.
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