Sarà ormai evidente a tutti: per scrivere un articolo non serve un fatto. Non serve nemmeno un progetto. Basta un’esigenza, un richiamo della coscienza. Un atto d’amore verso la propria comunità, disordinato o precoce che sia.
L’Errante quando non scrive pensa tantissimo. E ha sempre pensato che educare fosse una sorta di vocazione. Si possono leggere Libri e libri, procedere seguendo dogmi e dettami. Ma è l’anima a fare dell’educazione un gesto vivente, che sgorga spesso da chi è naturalmente portato ad educare. Una forma di espressione dello spirito che plasma altri spiriti, il che fa dell’Educatore per Vocazione un piccolo artista dell’anima.
Chi ha avuto da anni la fortuna e la volontà di lavorare a stretto contatto con ragazzi di tutte le età, per scelta prima ancora che per professione, spesso matura questa consapevolezza; che diventa urgente convinzione, nei tempi che viviamo. Le ragazze e i ragazzi di oggi si trovano a fare le proprie scelte quotidiane in un sistema più complesso: più ricco, più fluido, più rumoroso. Soprattutto, più veloce.
Ai giovanissimi, e anche agli adulti che li osservano, le difficoltà che hanno di fronte sembrano più complesse. È cambiato il loro tempo di crescita, in cui non si è mai solo bambini, o solo adolescenti, ma soggetti in sviluppo. Un eterno presente evolutivo che non rispetta né la lentezza, né il silenzio della crescita stessa, figurarsi la gerarchia. Manca il tempo di imparare perchè manca il tempo di sbagliare nel modo giusto, e dunque di punire nel modo giusto.
Tutto accade troppo velocemente. Manca, e tantissimo, la gradualità dell’esperienza.
La Vocazione dell’Educatore risuona prima di tutto nell’indisponibilità a rassegnarsi a questo tempo contratto, per restituire dignità, spessore e colore al tempo “perso”. Perso per fermarsi. Per osservare. Per ricominciare. Per annoiarsi, dunque per immaginare.
Serve il tempo delle scelte, che sembrano sempre assolute per i preadolescenti, costretti a maneggiare parole troppo grandi per la loro coscienza. Il mondo reale, costruito su rapporti coltivati con cura e pazienza, sembra assolutamente lento e ben poco attrattivo.
Beh, il nostro mondo reale si chiama Campegine. Qui vive l’Errante insieme all’Educatore per Vocazione, probabilmente insieme a molti di voi. E non possiamo che osservare.
Osserviamo, innanzitutto, l’assenza di veri e propri progetti educativi extrascolastici costruiti e pensati per la fascia 11-15 anni. Avere a che fare oggi con un 16enne dà l’impressione che tutto sia già accaduto. Sembrano menti e corpi già formati, ma dove è rimasta traccia del tempo di questa formazione, del tempo delle esperienze? Gli anni delle “medie” e delle prime superiori dovrebbero essere le stagioni decisive e formanti. E’ la fase dove le agenzie educative di ogni ordine, grado e ispirazione dovrebbero fare la differenza. Invece, al di fuori del contesto scolastico e sportivo, che non sempre coglie nel segno, si percepisce un vuoto di progetto e di pensiero.
La seconda osservazione riguarda le forze disponibili, e le azioni in campo. Chi prova a rapportarsi con un’età così complessa sa bene che sono i piccoli gruppi a dare risultati. Molti di noi (educatori) nel passato e nel presente hanno visto naufragare progetti rivolti alle “masse giovanili”, se così si possono chiamare, quasi sempre per le stesse ragioni: dinamiche di gruppo incontrollabili, mancanza di personale educante in qualità e quantità, scarsa efficacia del messaggio socializzante. Allo stesso tempo, ci sono belle esperienze, progettate, guidate con forza e dedizione, limitate nei giorni e nei numeri, ma in grado di dare una nuova vita a chi ha accettato di condurle. Sono iniziative che non fanno clamore, che non fanno numeri, ma fecondano con pazienza. Ci vuole, ancora una volta, tempo. Per ideare, per gestire, per disseminare le idee.
Se possiamo condividere, chi scrive e chi legge, la difficoltà educativa crescente, allora è già un passo. Se siamo d’accordo che ciascuna realtà sul territorio può focalizzare le energie di cui dispone per guidare fuori dal guado questa generazione, allora possiamo sperare di non dissipare forze per contenderci il “mercato”. Partiamo da qui, perchè qui volevamo arrivare: ad una partenza. Esistono là fuori idee, progetti, abbozzi, energie che sentono questa medesima urgenza? Ci sono tentativi in corso o accantonati in questo senso? Ci sono opportunità da cogliere? Ci interessa partecipare ad un confronto senza schemi e senza paletti, dove essere liberi di discutere un problema diffuso del paese? Questo articolo, più di altri, si pone l’obiettivo di iniziare dibattito. E probabilmente sarà il primo di una serie di riflessioni, che speriamo si nutrano dei pensieri di molti.
Insomma, tanto per cambiare: poche forze, elevata complessità, molti vuoti, e in tutti i campi educativi e istituzionali. Il volontariato non basta, e se lo dice l’Errante ci potete credere. Perchè da soli non si va da nessuna parte. L’Educatore per Vocazione, come l’Errante è un ostinato sognatore. E si trova spesso a sognare una specie di albero dell’educazione: un fusto solido, ossia un progetto organico e ambizioso a cura di professionisti ed educatori, che si ramifica in ogni sforzo educativo che già ora compiamo, e che compiremo domani. Ciascun germoglio, ciascuna fronda concorre alla chioma, con cura e pazienza. Ad alcuni sembrerà una piccola opera di giardinaggio. Ma allontanatevi un poco e comincerete a vedere l’intera foresta.
Datele il tempo di crescere. Purchè si cominci, in qualche modo, da qualche parte. Magari insieme.
Perchè alla fine, Vocazione o no, siamo tutti Educatori Erranti.
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