Si… lo sappiamo. È da un po’ che non ci si fa vivi. Nel frattempo, milioni di Campeginesi attendevano resoconti di consigli comunali e idee regalo per le feste. È che eravamo usciti per prendere una cosa in Paese, e … A trovarlo, quello che cercavamo! Davanti a noi un paesaggio di serrande abbassate e luci spente lungo il Corso del paese. E in questo periodo l’assenza di luce brilla ancora di più.
I negozi stanno chiudendo.
Nonostante la rassegna di iniziative, mosse e contromosse da parte del Comune e delle sue associazioni collaterali, tutti osserviamo, giorno dopo giorno, e da anni, la morte innaturale dei negozi di Campegine. Nessuna delle idee, delle proposte, delle dichiarazioni sembra aver centrato la soluzione. Ci unisce solo l’amarezza per questo fenomeno apparentemente irreversibile, probabilmente più grande di noi. Sta di fatto che, piccolo o grande che sia, il problema è nostro.
Se ne sono accorti in pochi, ma sta scomparendo anche l’ATI, nel silenzio più totale. Un’associazione di commercianti che ha fatto il suo corso, e che sembra non riesca a correre più. Un segnale inequivocabile. Ignorato dai cittadini, dalle istituzioni, e forse dagli stessi esercenti.
Abbiamo cercato traccia di risposte, di pensiero, di strategia, là fuori. Idee, progetti ufficiali, di quelli con il logo del Comune in prima pagina e il timbro e la data nell’ultima, di quelli che non si possono mica scrivere su un post di Facebook, insomma. Il perfetto non-luogo politico. Dove si può essere unilaterali e ufficiosi. Niente. È stato più facile trovare a Campegine un paio di pantofole in un giorno diverso dal martedì.
Ma alla fine, perché guardare all’Amministrazione? Guardiamo, semmai alla classe esercente… i veri protagonisti ed artefici di qualunque ripartenza. Perché fare il commerciante è difficile, ma farlo ai nostri giorni in un piccolo centro (quasi) storico è al limite dell’eroico. Eppure qualcuno ci riesce. Non basta aprire un negozio perché tutto funzioni, occorrono idee, saper fare e ancor di più saper inventare un’attività. Questo il compito dei nuovi operatori. Ma perché dovrebbero investire proprio a Campegine? Come può intravedere le opportunità un nuovo operatore che si affaccia su questa piazza deserta?
È possibile che il tessuto commerciale di una piccola comunità abbia il suo senso nella comunità stessa, e non in propaganda e dilettantismo. E le chiacchiere stanno a zero, quando il registratore di cassa resta vuoto. C’è un patrimonio innumerevole, cioè senza numeri, e inafferrabile, di cui nessuno può impadronirsi, che è il valore delle realtà commerciali per la popolazione. Il disegno di una classe dirigente e di una classe commerciale dovrebbe trovarsi a metà strada con la cittadinanza. La risposta alla Campegine svuotata di negozi è nei Campeginesi stessi. Assieme consumatori, commercianti e amministratori.
È sbagliato guardare solo ai primi. Come si può chiedere di comprare in un paese dove manca un’offerta commerciale “minima”? Tanto vale spostarsi nei luoghi vicini dove accanto al fruttivendolo che offre prodotti degli orti “dietro casa” è possibile trovare il macellaio che propone tagli di carne selezionati, la pasticceria, la gelateria, la pescheria con i piatti pronti e il negozio di oggettistica varia. E, perché no una profumeria accanto ad un negozio di scarpe che propone un servizio di personalizzazione.
Ma finchè manca un progetto politico dettagliato e a lungo termine nessuno mai investirà nel nostro paese. Con la conseguenza che le cose non cambiano. Si rigirano su sé stesse, magari, ma non cambiano. Occorre un respiro strategico che vada oltre la legislatura, ovvero l’assillo della rielezione, ma che guardi alla generazione, che è il tempo della società. Una volta si poteva fare, si poteva tentare, ma si è smesso da tanto.
Occorre valorizzare un patrimonio economico e sociale facendo conoscere il valore delle realtà commerciali, il loro patrimonio di storia e di relazioni partendo dai servizi elementari. Questo è quello che viene richiesto a chi amministra. Non un semplice elenco di attività senza un disegno, senza un legame le une con le altre, senza una cornice di senso in grado di inquadrarle. Uno sforzo per il quale è necessario andare oltre la visione della singola strada, della singola via, della singola frazione, allargando lo sguardo verso chi qualche soluzione l’ha trovata. Collaborare nella consapevolezza che l’obiettivo perseguito è lo stesso ed è niente di meno che la sopravvivenza del territorio.
Avere buona volontà non basta. Occorrono competenze. Occorre una visione. Occorre lavorare con un calendario annuale in grado di valorizzare tutte le anime commerciali del nostro paese con attività svolte e pensate “su misura”, che tocchino tutta la nostra eterogenea offerta.
Il fine ultimo? Riportare idee, riportare persone, riportare investimenti e dare vita ad un circolo virtuoso (stavolta davvero) di rinascita campeginese. Ad oggi, purtroppo, solo chiusure. Avvenute nell’ultimo anno … già … ma che nessuno pensi male … è la crisi, bellezza!
P.S. Tante (e solo) parole. Per un problema epocale per il quale nessuno ha la soluzione in tasca. Ecco perché l’Errante ci proverà. Ebbene sì, abbiamo delle idee, abbiamo delle proposte. E se siete già pronti per leggerle, insieme ai nostri più originali auguri di Buone Feste, dovreste davvero cliccare QUI.
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